Autenticità: il coraggio di essere se stessi

Autenticità: il coraggio di essere se stessi

Ben affermavano i filosofi: "In interiore homine habitat veritas". La parte più sincera e veritiera di ogni uomo è quella maggiormente nascosta, nel suo intimo più profondo. Spesso neppure noi, riusciamo completamente a conoscerci e ad estrinsecare quest'aspetto così peculiare della nostra esistenza. Appare arduo, pertanto, devolvere la nostra conoscenza ad altri se siamo i primi ad ignorare la nostra intima essenza. La stessa problematica, daltronde, si presenta, affliggendo e attanagliando, gli esseri umani coi quali veniamo, quotidianamente, in contatto e intessiamo svariate relazioni, come quelle lavorative, affettive, di studio, di sport, amicali, parentali. Si suggerisce che la quiete e la tranquillità inducano a maggiore riflessione, ripiegandosi su se stessi, agevolando il venir fuori dell'intima personalità. In tal modo si da inizio a quel processo di ermeneutica che, quanto più travagliato, è maggiormente foriero di buoni risultati.

Mettere al mondo implica coraggio non meno che il nascere. Ma, una volta al mondo, la problematica si dilata e si sposta, quasi fosse un processo a spirale, di cui si conosce l'inizio ma non possiamo stabilirne la fine. Il coraggio, quindi, è indispensabile per accogliere la necessità di individuarsi nel mondo e nel tempo. Ciascuna persona impara a convivere con i propri limiti, cercando di adattarsi a quelli altrui. Non possiamo essere solo timidi nel mondo poichè, in tal modo, ci rinchiuderemmo in noi stessi senza interrelazionale con l'esterno e l'estraneo; così facendo finiremmo col rimanere fermi all'inizio della spirale, precludendoci, per nostra rinuncia al balzo che ci condurrebbe a "egregie cose". L'otium, secondo alcuni, sarebbe propedeutico mediante il ripiegamento in noi stessi a sceverare il meglio dell'interiorità che siamo; va rimarcato, comunque, che la beata solitudo non è condizione bastevole e sufficiente per pervenire ai più alti traguardi che la vita di relazione ci impone. I due piani sono in un inscindibile rapporto sinallagmatico rappresentando la tesi e l'antitesi che ci permettono di giungere alla sintesi. Dal un momento puramente soggettivo, intimistico, personale, si passa gradualmente ad un impatto oggettivo che è dato dalla relazione della persona con la società, il mondo, l'inconscio. Possiamo esemplificare il tutto con la figura di un fiume: questi ha una sorgente, un corso e una foce. Normalmente il visitatore, che si appressa alle sponde, incantato dal fluire della corrente, è indotto a spostarsi verso la foce. Ma, a ben riflettere, sarebbe più pertinente rivolgere la propria attenzione al lato opposto, al controcorrente, cercando di pervenire all'origine, ossia la sorgente. Così comportandoci, noi cerchiamo di individuare l'origine del corso d'acqua (il fiume Po quando nasce al Pian del Re, alle falde del Monviso, è povera cosa, eppure con i suoi 652 km è il più importante fiume italiano). Una volta individuata la sorgente ci preoccuperemo, per quanto possibile, di seguirne il corso con tutte le sue varianti (rapide, cascatelle, meandri, insulae in flumine natae) percorrendo così il nostro itinerario di conoscenza. Solo quando giungeremo alla foce, ammirandola in tutta la sua magnificenza e grandiosità, saremo pervenuti a quella sintesi che ci eravamo posti e che costituiva il nostro obiettivo di vita.

Paolofabrizio De Luca

mercoledì 27 febbraio 2013

Le Vie del Benessere

Dott. Paolofabrizio De Luca
Psicologo - Psicoterapeuta - Consulente Tecnico d'Ufficio Tribunale di Napoli.
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